Ritengo la gestione del suolo nel suo complesso la parte più importante di tutta la gestione aziendale. Il suolo va inteso come un grande organismo vivente e in continua metamorfosi capace di premiarti o punirti in base alle scelte fatte. A mio avviso anche l’educazione universitaria è stata un po’ carente nella gestione del suolo perché la conclusione in molte materie era sempre che per avere dei grandi raccolti dobbiamo dare degli importanti input alla pianta.

NON COLTIVIAMO LA PIANTA MA COLTIVIAMO IL SUOLO

Credo che un passaggio importante da fare prima mentalmente e poi fisicamente sia di abbandonare le vecchie regoline che ci facevano valutare le esportazioni (quantità di produzione in kg/ettaro rapportate ai singoli elementi nutritivi come azoto, fosforo, potassio, ferro, manganese…) per quantificare i kg di elementi nutritivi da reintegrare ai nostri appezzamenti. Questo modo di fare ha portato nel corso dei decenni ad una notevole perdita di fertilità e quindi di sostanza organica nei nostri terreni. Va notato che sono incrementate le rese delle produzioni ad ettaro attraverso i concimi chimici così come il fatturato delle aziende ma a discapito della qualità delle produzione agricole e ovviamente dell’ambiente. Gli agricoltori hanno avuto per anni l’illusione di guadagnare di più semplicemente perché i costi ambientali causati dall’inquinamento delle falde e dei terreni vengono pagati da tutti (ad esempio attraverso l’incremento della CO2 in atmosfera causata da una perdita di sostanza organica) anziché dai bilanci delle proprie aziende come era in precedenza, a seguito dell’acquisto di grandi quantità di letame o di semi per produrre piante da sovesciare.